Autore Topic: ARABESQUE  (Letto 3015 volte)

Offline Sten

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ARABESQUE
« il: Febbraio 20, 2010, 10:46:22 Sab »
“...disse che era così da quando l'auto aveva sbattuto così forte...”

(Crash Test Dummies - MMM MMM MMM - http://www.youtube.com/watch?v=yhuPiBZHvLE )


… e ad un certo punto arriva questo tizio che mi si siede accanto e mi dice che sa quanto sia difficile, quanto la vita possa perdere di significato.

Mi racconta della sua giovinezza, del suo rapporto con una madre alcolizzata e un padre delinquente e di come sia cresciuto praticamente per strada in balia della cattive compagnie fino a quando, dopo sedici mesi di riformatorio, è stato accolto in una comunità di recupero.

Aveva dovuto lavorare duramente per recuperare gli anni perduti, studiando fino a notte fonda per poi alzarsi prestissimo il mattino seguente per consegnare i giornali alle edicole e cominciare così una giornata fatta di tanti piccoli lavori, per tirare avanti, per continuare a studiare.

Aveva fatto un concorso e aveva ottenuto un lavoro statale, un lavoro che gli piaceva, che gli permetteva di aiutare la gente e riscattarsi così del suo passato dissoluto. Nel tempo la sua passione non era passata inosservata ai suoi superiori che lo avevano proposto per una promozione.

Mi dice di ricordarsi ancora di quella sera che aveva dovuto raccogliere tutto il coraggio per superare la sua timidezza con le donne e invitare una sua collega fuori a cena.

Lei si era presentata al ristorante fasciata in un classicissimo tubino nero molto, molto sexy, i capelli corvini sciolti sulle spalle nude e un sorriso vagamente imbarazzato.
Era un'immagine di pura bellezza.

Avevano fraternizzato subito, anzi, avevano sentito subito una grandissima affinità, una fortissima attrazione. Da li a frequentarsi regolarmente, innamorarsi follemente e volersi sposare, fu un susseguirsi di passi a ritmo serrato. Adorava tutto di lei e lei lo adorava.

La cerimonia era stata organizzata per bene, con le famiglie, gli amici, i colleghi, il ricevimento i fiori e tutto quanto il resto e lui ora era li, in piedi di fianco alla porta della chiesa che l'aspettava.

Era elegantissimo nel suo abito nero firmato, la spesa più grande che avesse mai fatto per qualcosa da indossare e era emozionato e felice come non avrebbe mai potuto credere possibile.

L'auto della sposa era appena comparsa all'incrocio e cominciava ad impostare la curva a sinistra per avviarsi lungo il vialetto della chiesa. Ancora pochi istanti, giusto il tempo di dare la precedenza all'autoarticolato che arrivava in senso opposto, e lei sarebbe arrivata ai piedi della scalinata per salirla splendida nel suo abito bianco, palpitante e arrossita come una scolaretta.

L'urto da dietro non fu violento e, anche se la grossa berlina nera li urtò a quasi cento all'ora, il pirata aveva scartato di lato e aveva proseguito nella sua forte corsa.
No, l'urto non era stato violento, giusto quel tanto che era bastato a sospingere l'auto nuziale nella corsia opposta e il mezzo pesante, carico di propano, fece il resto.

Il boato lo aveva investito come un treno merci in corsa e il suo cuore era stato trafitto da milioni di spine e lui, dentro, morì un po' con lei.

Dopo fu un susseguirsi di stati depressivi, farmaci e alcolismo e ora rischiava pure di perdere il lavoro. I tagli al budget imponevano una riduzione del personale e lui, con il suo curriculum attuale, era ormai una vittima predestinata.

Lo vedo inghiottire una pillola ma non capisco di cosa si tratti e, in fondo, non me ne importa nulla.

Mi guarda e mi dice che se, nonostante tutto questo, lui ha capito di amare ancora la vita ed ha ancora voglia di lottare, allora tutti hanno una possibilità di farcela anche io, e buttarmi giù da questo cornicione non è nessuna soluzione.

Guardo sotto e vedo un brulicare di luci lampeggianti e di persone agitate che mi guardano silenziose con il naso all'insù.

Mi alzo in piedi seguito da un coro di “ooooh” che giunge dalla strada e penso a quanto tutto ciò sia grottesco.

Sono salito quassù torturato dal mio dolore e dai miei sensi di colpa...

Mi avevano avvisato in ufficio che mia moglie e mia figlia erano state travolte sulle strisce pedonali da un'auto in fuga inseguita da una pattuglia della Polizia che l'aveva tamponata.
Erano gravi... In fin di vita.

Più tardi si disse che si era trattato di un immigrato clandestino ubriaco e senza patente, inseguito da un poliziotto particolarmente zelante nell'intento di conservare il suo lavoro dopo precedenti piuttosto dubbi.

Ero uscito dall'ufficio precipitandomi giù per le scale e, saltato in macchina, ero partito sgommando.

Lungo il tragitto un'auto davanti a me, una grossa berlina di lusso, aveva cominciato ad impostare una curva a sinistra senza mettere la freccia e, nonostante i riflessi accelerati dall'adrenalina, non ho potuto evitare di colpirla di spigolo.

Per fortuna, o per perizia, sono riuscito a non perdere il controllo del mezzo e a proseguire la mia folle corsa verso l'ospedale, con le vene del collo che pulsavano forte.

Nonostante il boato...

Arrivato al pronto soccorso ho avuto giusto il tempo di capire che mia figlia non ce l'aveva fatta e che mia moglie era agli ultimi respiri, ai quali ho assistito attonito e impotente, accarezzandole i capelli e baciandole la fronte insanguinata.

La vita fa schifo.

Ho lottato contro il cancro e ora, che comincio a malapena a riprendermi dai lunghi anni di chemioterapia i miei amori, le mie ragioni di vita mi vengono strappate via così.
Io non ho comunque molto da vivere e non ho nessuna intenzione di trascinarmi avanti con questa angoscia, con questo infinito dolore nel cuore.

Meglio morire... Meglio farla finita qui.

… e adesso che qui, su questo tetto metropolitano, hanno mandato a cercare di salvarmi proprio questo poliziotto al quale sono così assurdamente legato da un insensato arabesco del destino non ho più dubbi, non ho più timori.

Com'è bizzarra la vita!

Mi volto verso di lui che accenna a un sorriso.
Mi tende la mano.
Io l'afferro, la stringo e salto portandolo con me.

Ora non sorride più, mi guarda... Sembra quasi capire, ma comunque non importa più.

Ora sento l'odore della sua paura, la vertigine del vuoto, l'aria che mi fischia nelle orecchie sempre più forte, l'asfalto.
« Ultima modifica: Novembre 28, 2011, 18:10:13 Lun da Sten »
Stefano Capurro
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Offline casper60

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Re: ARABESQUE
« Risposta #1 il: Febbraio 20, 2010, 13:00:12 Sab »
 :(

casper ;)

Offline Enry

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Re: ARABESQUE
« Risposta #2 il: Marzo 03, 2010, 09:34:05 Mer »
 :(
ENRY
 *** Il segreto di un esistenza piena e felice. sta nell'imparare a distinguere tra i tesori Veri e quelli Falsi. Vivere la Vita fino in fondo cercando di realizzare i nostri sogni, portandoti sempre felicità e saggezza ***