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Protocollo per
TRATTAMENTO SINTOMATICO PER GLI ATTACCHI DI CEFALEA A GRAPPOLO
E ASSICURARE AGLI ASSISTITI INTERVENTI BASATI SULLE RECENTI EVIDENZE SPERIMENTATE DA
PAZIENTI CRONICI PER RIDURRE GLI ERRORI E MIGLIORARE L'ASSISTENZA INFERMIERISTICA
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CHE COSA E’
E' un trattamento termico superficiale che agisce nei primi 1-4 cm di profondità della superficie cutanea.
Il trattamento mira ad una veloce e diffusa diminuzione della temperatura corporea, per indurre uno stato di ipotermia temporale o shock termico.
QUANDO USARLO
Deve essere iniziato ad ogni avviso di shadow, o ad attacco in atto, e protratto fino ad arrivare e superare la fase del tremito.
COME FUNZIONA
Il trattamento consiste nel far subire al paziente un improvviso colpo di freddo che provocherà un rapido raffreddamento del corpo.
L’iniziale sollievo (o diminuzione del dolore), non è da considerarsi come termine, ma deve proseguire fino alla scomparsa totale del dolore, generalmente dopo 5 o 6 minuti, ma possono volercene anche 15-25 a seconda dell’intensità dell’attacco e della differenza di temperatura subita.
Superato questo momento il dolore diminuisce più rapidamente fino a cessare del tutto. A questo punto è necessario restare al freddo per un altro paio di minuti e poi rientrare gradualmente alla temperatura confortevole.
COME OTTENERLO
Un esempio molto semplice di come ottenere uno shock ipotermico è portarsi improvvisamente da un ambiente a temperatura confortevole (21-24 °C) ad uno con temperatura di 4-5 °C, magari togliendo di dosso gli abiti più pesanti. Ad esempio d’inverno può esser facilmente raggiunto se, stando in casa, si esce fuori dal balcone a piedi nudi e con una t-shirt. D’estate basta immergersi in una vasca piena d’acqua fredda (quella del rubinetto in genere è a temperature comprese tra i 13 ed i 16 °C).
E’ fondamentale non sottovalutare l’importanza della rapidità con cui si subisce la differenza di temperatura, in quanto maggiore è questa, più rapidamente cessa il dolore. Il corpo deve subire un vero e proprio shock, uno spasmo, come quando si entra nell’acqua del mare in estate dopo esser stati un po’ sotto il sole. In quell’occasione si subiscono diversi “shock” termici: al primo impatto con i piedi e le caviglie, poi alle ginocchia, per finire all’inguine/pancia.
Lo shock termico può essere ottenuto attraverso il raffreddamento di tutto il corpo o attraverso il raffreddamento mirato delle parti più sensibili quali:
- collo sulla giugulare
- inguinale e interno cosce
- addome
- schiena
- palato lato dolore (cubetti di ghiaccio)
- mani e polsi
- piedi e caviglie
E’ preferibile, dal punto di vista della rapidità di risposta, raffreddare tutto il corpo, per esempio con questi modi:
- immersione totale in acqua fredda (magari con ghiaccio)
- introduzione in cella freezer
- uscire di casa molto leggeri d’inverno
Lo SHOCK termico si ottiene anche con applicazioni di presidi medicali o artigianali refrigeranti, come:
- vasca per crioterapia
- sacchetti di ghiaccio istantaneo
- ghiaccio GEL
- spray raffreddanti
- bendaggio al freon
- telo termico (si lascia la faccia di colore argento esternamente rispetto al paziente in modo che la coperta abbia la funzione di facilitare la dispersione del calore corporeo e di proteggere da quello proveniente dall'esterno)
QUALUNQUE SIA LA TECNICA UTILIZZATA, NON SI DEVE MAI RAFFREDDARE IL CAPO O LA ZONA DOLENTE (occhio, fronte, tempia)
L'ambiente deve essere fresco e ombreggiato, né luci né sole diretti al paziente, far compiere movimenti lenti e agire sulla respirazione.
ATTENZIONE
Attenzione a non raggiungere temperature tissutali inferiori ai 10° C.
Avvertenze:
Possibili eventuali lesioni cutanee, eritemi, ulcere, ustioni localizzate anche nel cavo orale per errato utilizzo dei cubetti.
Grave ipertensione arteriosa, orticaria da freddo, disturbi della sensibilità cutanea, vasculiti e vasospasmi periferici. Per il bagno o il pediluvio non è da escludere una crisi vagale.
Aprile 2015.
aggiornato marzo 2017.